Checkpoint Charlie: il simbolo della Guerra Fredda
Il Checkpoint Charlie era il più noto punto di passaggio di Berlino che collegava il settore orientale tedesco con quello occidentale. Fu costruito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale poi, con l’innalzamento del Muro, divenne l’unico valico attraverso il quale la DDR di Stalin consentiva il passaggio a stranieri, diplomatici e membri delle forze armate. Mantenne questa funzione fino alla riunificazione nel 1990 e oggi resta un significativo simbolo della Guerra Fredda.
Dove si trova
Il varco si trovava nel territorio dell'ex Berlino Ovest, sulla Friedrichstraße prima del bivio con Zimmerstraße, dove termina il quartiere di Mitte e inizia quello di Kreuzberg. Gli altri due posti di blocco tedeschi, erano quello di Helmstedt al confine tra la zona inglese e quella sovietica, e quello di Dreilinden sull’autostrada A115. I nomi ufficiali dei tre punti di controllo prendono spunto dall’alfabeto fonetico: così Helmstedt si chiamò Checkoint Alpha, Dreilinden era il Checkpoint Bravo e il checkpoint Friedrichstrasse era quello che fu chiamato con il il nome Checkpoint Charlie, anche se mai ufficializzato.
foto di Johannes Voit via flickr
La funzione del Checkpoint Charlie
Si poteva attraversare il Checkpoint Charlie procedendo a piedi o in auto, la sua funzione principale era quella di registrare i membri delle forze militari alleate e di informarli, prima che entrassero a Berlino Est. Anche i turisti stranieri venivano informati in occidente ma non controllati prima del passaggio, i tedeschi, invece, non erano autorizzati a oltrepassare il confine.
Giornalisti, diplomatici e visitatori arrivavano qui con i visti giornalieri alla mano per accedere a Berlino Est; prima dovevano scambiare i loro marchi tedeschi in Ostmark (la moneta sovietica) e poi potevano varcare l’entrata di quel mondo vicino ma così diverso, che era la DDR. Monito per chiunque si accingeva a oltrepassare il Muro, era il famoso cartello con la scritta "You are now leaving the american sector” (state lasciando il settore americano), scritto in ben quattro lingue (inglese, russo, francese e tedesco).
La funzione che il checkpoint aveva al tempo, lo rese icona della divisione politica del paese e, per questo, fu teatro di un violento fronteggiamento tra i carri armati americani di Kennedy e quelli sovietici di Krusciov, con il rischio di un nuovo conflitto armato. Inoltre, rimangono famosi i numerosi i tentativi di fuga messi in atto al Checkpoint Charlie e spesso, purtroppo, finiti in tragedia: rimane tristemente noto l’episodio di Peter Fechter, un muratore di 18 anni colpito a fuoco mentre tentava di fuggire con un compagno e abbandonato a terra ferito, lasciato a morire dissanguato sotto gli occhi di tutti, tra la prima e la seconda barriera del muro. Un evento che mostrò chiaramente al mondo la brutalità che la Germania stava vivendo.
Checkpoint Charlie oggi
Con la riunificazione del paese e l’abbattimento delle barriere, la struttura originale in legno e la segnaletica di confine vennero smantellati e sono conservati all’Alliierten Museum (Museo degli alleati). Quella che oggi vediamo in Friedrichstrasse, circondata dai turisti in attesa del campo libero per una foto, è una riproduzione federe dell’antica guardiola, con tanto di cartello multilingue. Ancora oggi, al suo cospetto, ci si sente quasi obbligati ad immortalare questo simbolo così eloquente, che conserva storie di guerra e di morte, ormai lontane ma che ancora fanno eco in città.
Su iniziativa dell’attivista per i diritti umani Rainer Hildebrandt, proprio lì accanto, a pochi passi dal checkpoint, fu allestito il Museo del Muro, con il nome ufficiale di Haus am Checkpoint Charlie Mauermuseum. Al suo interno troverete una mostra permanente sulla storia del Muro di Berlino e delle persone connesse ad esso, che si collega al tema mondiale della lotta i diritti umani e la libertà. Una parte del museo è dedicato ai tentativi di fuga dei berlinesi, intenzionati a passere dall’Est sovietico a Berlino Ovest.
foto di Wolfgang Scholvien via flickr
È impressionante vedere quali stratagemmi e la quantità di oggetti che venivano utilizzati dai fuggiaschi in cerca di libertà: auto, mongolfiere artigianali, mini-sottomarini fatti in casa o valigie attaccate l’una all’altra. Una testimonianza di quanto la mente umana possa diventare geniale di fronte a circostanze critiche e spinta dalla voglia di vivere.
Quando ci si trova lì, si rimane una po’ increduli a pensare che quel luogo abbia avuto un trascorso così brutale e disumano, soprattutto oggi, guardando l’architettura moderna dei dintorni e la dinamica vita berlinese che accoglie i visitatori tra le vetrine dei negozi e i tanti caffè. Eppure, questa è la sua storia.